Tutti insieme appassionatamente. Ma proprio tutti? Certo che no. Il leader di Azione Carlo Calenda si accomoda al teatro Giuditta Pasta per presentare il suo ultimo libro “I mostri” ma soprattutto per parlare di politica e per sostenere la campagna elettorale dell’ex sindaco Pierluigi Gilli che potrebbe essere il terzo incomodo nella sfida tra centrodestra e centrosinistra.
La polis greca di Calenda
A Saronno decolla l’esperimento (quasi unico in Italia) di Azione che sta insieme a Italia Viva, +Europa e i civici. Modello replicabile in altri centri della provincia di Varese? «No, con Renzi – chiarisce subito l’ex ministro dello Sviluppo economico – siamo decisamente su fronti opposti perché ha fatto nascere questo governo. Poi, se c’è un buon candidato per amministrare una città, noi lo sosteniamo. E a Saronno c’è. La politica dovrebbe essere proprio questo: trovare persone per il buon governo delle città».
Richiama la polis greca, Carlo Calenda. Ma mette in guardia da alcuni dei “mostri” che lui stesso descrive nel suo libro: sovranisti e populisti. Dunque il modello Saronno farebbe già fatica a decollare a Varese dove il sindaco uscente Davide Galimberti ha già incassato il sostegno dei 5 Stelle. E la Lega? Il discorso del numero uno di Azione è più complesso. «Penso che esistano Leghe diverse: ci sono buoni amministratori, poi esiste Salvini che non propone mai un cacchio. Gli dovrebbero dire chiaro e tondo: fai meno caciara e fai delle proposte. Tra i buoni della Lega, Calenda mette Luca Zaia, il governatore del Veneto, «mi piace il suo pragmatismo ma non condivido la posizione della Lega sull’Europa», mentre «Attilio Fontana non mi sembra tanto capace. Per carità, sono molto prudente nei giudizi perché ha dovuto gestire una situazione terribile ma cercava un perenne scontro con il governo. Se sei amministratore pubblico non devi farlo, non devi cercare il conflitto. Ci deve essere una compostezza».
“Cialtronerie di Salvini”
Moderato ma deciso. Pronto a dialogare con tutti ma non a stringere alleanze con tutti. Carlo Calenda torna all’attacco di Salvini, il quale proprio ieri era a Legnano: «Diceva che Di Maio era il miglior ministro allo sviluppo economico ora è il nemico pubblico numero uno. Queste sono cialtronerie che non accetteremmo nella nostra vita privata. Per questo dico che la politica non può essere x-factor dove merito e coerenza c’entrano poco».
Oltre a Salvini, il capo di Azione ironizza su Danilo Toninelli («mi è venuto il mal di testa quando dovevo fare dibattito con lui») e su Luigi Di Maio. «Perché affidiamo il governo a loro? Perché non lo sentiamo nostro». La crisi della politica, insomma, è la crisi della società. «Ma gli italiani si sono rotti le balle di sentire cose diverse in politica dai valori che applicano nella loro vita».
Rifarsi il trucco
In sala ci sono 350 persone, fuori un’altra cinquantina. Il dibattito si scalda. Per la verità è un monologo di Calenda perché Roberto Poletti che conduce la serata ascolta e lascia parlare. «Non cambierà nulla lunedì – assicura il leader di Azione – il governo andrà avanti comunque vadano le cose perché ha l’obiettivo di arrivare fino all’elezione del presidente della Repubblica. Ecco, se il centrosinistra perde la Toscana qualche trauma ci sarà ma solo all’interno del Pd». Per il resto si cambierà tutto, per non cambiare nulla con «un Parlamento che potrebbe essere meno efficiente di quello attuale se vincerà il sì». L’operazione, per Calenda, è un semplice tentativo dei 5 Stelle per risalire la china e farsi un po’ il trucco. Povero referendum.
S.Pa.